Può la Romania rappresentare la terra dei sogni, così come l'Italia è il Paradiso dei rumeni in cerca di fortuna? Da una parte il crollo dell'ideologia comunista e dall'altra il mito di un capitalismo che ha assunto sempre più, come criterio vitale, la competitività e l'inasprimento della disuguaglianza sociale.
Inizia così, con un flashback che potrebbe non essere mai finito, con un richiamo al passato più prossimo, il film di Carmine Amoroso "Cover Boy". I due protagonisti sono, per l'appunto, un ragazzo rumeno poco più che ventenne e un quarantenne abruzzese. Entrambi arrivano a Roma per cercare un destino migliore ed entrambi ne rimangono delusi.
Nella trama si sovrappongono i disagi del lavoro precario, la disoccupazione forzata e l'esclusione dalla società in mancanza di un reddito. Non manca proprio nulla, neppure il contrasto stridente tra i clochard che affollano la stazione centrale di Roma e la superficialità del mondo della moda di Milano.
Si ribalta il percorso dell'immigrazione e mentre il ragazzo dell'Est sogna di tornare nella sua patria, l'italiano vuole abbandonare la Capitale. Perché l’Italia li ha delusi, perché sanno di non avere più possibilità, disillusi dalle facili prospettive di emancipazione. L’obiettivo comune è: andare in Romania per aprire un ristorante sul Danubio insieme.
L’epilogo è amaro, come spesso lo è la vita. Il regista calca la mano sulla brutalità della solitudine e l’impossibilità di costruire dei veri rapporti umani.
Alcuni spunti, come il senso di smarrimento e introspezione causati da un improvvisimo storidimento nell'atrio di Roma Termini, sono efficaci. Le immagini che mostrano la nascita e crescita di una amicizia-amore, molto zuccherose.
Splendida la fotografia, così come la colonna sonora.
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